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CARIATI – AFFERMARE LA CULTURA DEL RISPETTO

Nella Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, il Museo Civico del Mare, dell’Agricoltura e delle Migrazioni partecipa alla campagna “Un anno senza violenza” promossa dal Comune di Cariati, ospitando la mostra fotografica “Le donne dell’Iran, basta subire, sì alla libertà” realizzata dalle studentesse del locale Liceo Scientifico. In ognuna delle sue sale, il Mu.M.A.M. , racconta le storie di tante donne che sono state la spina dorsale delle nostre società tradizionali, e un fondamentale veicolo di integrazione nella lunga e ancora attuale epopea delle migrazioni. Attraverso il loro esempio e il loro valore di portatrici di vita, vogliamo affermare e diffondere la cultura del rispetto, contro la strage di donne che purtroppo ovunque continua. La mostra si potrà visitare fino al 15 dicembre.
di Assunta Scorpiniti
“Donna, vita, libertà”, è il grido delle donne senza velo, che dall’Iran risuona in tutto il mondo, dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane di origine curda uccisa dalla cosiddetta “polizia morale”, per la colpa di aver lasciato scoperta una ciocca di capelli. La feroce repressione del regime nulla può contro quella che è diventata, oltre che una rivoluzione popolare, una rivoluzione culturale, che schiera anche uomini a fianco di donne coraggiose, capaci di portare avanti ad ogni costo il loro movimento di liberazione, sfidando un terribile oscurantismo… donne disposte all’estremo sacrificio pur di avere il diritto ad esistere come persone, come donne libere e vive. Mi sento vicinissima a voi, sorelle dell’Iran e di tutti i luoghi in cui le donne vivono questa triste condizione. Vicina a tutte le donne vittime di violenza.
LA TRISTE STORIA DI SAMAN: non è solo omicidio, è un drammatico caso di violenza di genere. Di negazione di diritti umani. Una cultura patriarcale radicata, certo, può aver dato la principale spinta, ma il femminicidio di Saman non può essere ascritto soltanto a questo… è molto di più. Riguarda la donna che continua a essere uccisa perché prova a dire no, perché vuole decidere, o solo essere, per la sua vita, nella sua storia, per il mondo.
IN ITALIA CRESCONO I NUMERI. Nel nostro Paese, garante di diritti e libertà, dall’inizio dell’anno sono state uccise 104 donne, per la maggior parte delle volte da uomini che avevano le chiavi di casa e magari del loro cuore. Non può continuare, qui e in nessun luogo! Mi auguro che ovunque, le donne in potenziale pericolo abbiano la forza, soprattutto mentale, di chiedere aiuto al minimo segnale di possessivita’ ingiustificata, di forzato allontanamento da qualunque altra relazione umana, di gesti che possano anche solo preludere a violenze fisiche; di atteggiamenti anomali che possano mettere in pericolo non solo la libertà personale, ma la vita stessa. Perché non ci siano altri casi di femminicidio, una parola stridende, fastidiosa… sembra un’intrusione nella bella lingua italiana. Ma proprio per questo rende tutto il dramma del suo significato.
ACCADE ANCHE DA NOI. Cariati, infatti, ha la sua panchina rossa. Per Battistina, nostra concittadina uccisa dal compagno fra le mura di casa, e lei, come Antonella, come Fabiana, come Lea, Maria Rosaria, Roberta… Una lunga lista in Calabria. Solo pochi mesi fa, ancora, vicinissimo a noi; Mandatoriccio è a un passo. E la dolce Mimma possiamo averla incrociata al supermercato, o nella segreteria di una scuola del territorio, dove ha lavorato. Mimma che è stata accoltellata nella sua casa, nel suo letto, dal suo uomo. Non ci può essere scampo se il pericolo si corre tra le sacre mura della propria casa. Ho letto le testimonianze, e mi stupisco ogni volta di come le vittime, del resto anche Mimma, siano propense a giustificare fino all’estremo il comportamento malsano dei loro compagni. Ne diventano succubi e non lo ammettono. Nemmeno si sognano di chiedere aiuto a qualcuno, di fronte alla violenza fisica, o, ancora peggio, alla violenza psicologica, che ferisce e uccide l’anima.E non posso non dire di quella mascherata dal perbenismo degli insospettabili, ovvero la misoginia, lontana anni luce dalla pratica, necessaria e civile, dell’arricchimento reciproco.
OCCORRE LAVORARE AD OGNI LIVELLO PER AFFERMARE LA CULTURA DEL RISPETTO. A cominciare da quello familiare, scolastico, sociale con particolare attenzione a quello mediatico che continua a svilire e mercificare l’essenza umana e peculiare del genere femminile.
SOLO AFFERMANDO INSIEME donne, uomini, giovani, bambini/e, il valore del rispetto, può cambiare culturalmente la visione della donna dove essa non è riconosciuta nel suo valore, nei suoi diritti umani e nella sua dignità di persona.
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