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FESTIVAL INTERCULTURALE DI CARIATI: NAUFRAGIO, RACCONTO E FOTO DELLA STRAGE CHE PURTROPPO CONTINUA A FARE VITTIME

La tragedia dei migranti in una scarpetta n.26. Al Museo la mostra “I sogni attraversano il mare” del direttore de “Il Crotonese” Giuseppe Pipita

di Assunta Scorpiniti (“IL CROTONESE” 2 luglio 2023)

“Seduto sulla spiaggia, sfinito, dopo aver visto i morti, fotografato, scritto notizie dalle 7.30 del mattino, mi sono trovato davanti agli occhi una scarpetta n. 26. Era di un bambino. In quel momento ho capito quanto era grande quella tragedia”. È uno dei passaggi del racconto, rimasto purtroppo di pressante attualità, che il direttore de “Il Crotonese” Giuseppe Pipita ha fatto del naufragio avvenuto il 26 febbraio 2023 a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, nel crotonese, in cui sono morti 94 migranti e tra loro 35 bambini.

Ospite dell’ultimo incontro del Festival Interculturale “Sguardo e Mondi” dedicato alla cultura afro-nigeriana, che si è svolto presso il Civico Museo del Mare, dell’Agricoltura e delle Migrazioni di Cariati nella Giornata Mondiale del Rifugiato, il Direttore Pipita ha presentato in videoproiezione il suo reportage fotografico, poi diventato una mostra, che lui stesso ha realizzato nell’immediatezza dell’ennesima, terribile strage di migranti in cui è stato il primo giornalista a intervenire, e che ha intitolato “I sogni attraversano il mare”.

Un titolo dal preciso significato, ha spiegato al pubblico intervenuto nella sede museale di Palazzo Chiriàci, tra cui molte famiglie nigeriane del locale centro S.A.I., gestito dalla Cooperativa sociale Agorà Kroton (che ha curato la parte culturale della Giornata) e un folto gruppo di giovani Minori Stranieri Non Accompagnati ospitati nell’ex seminario nell’ambito del Progetto Sarepta Pro-36. “Sulla spiaggia c’erano scarpe, vestiti, giocattoli di bambini che non ce l’hanno fatta, solo i loro sogni hanno attraversato il mare… i corpi, le loro anime si sono fermate su quella spiaggia di Cutro, della Calabria, dell’Europa”, ha detto con commozione.

Una triste realtà, che continua in tutto il suo dramma in queste settimane e in questi giorni con i nuovi naufragi al largo delle coste calabresi e che Pipita, attraverso il suo documentario sul naufragio di Cutro e il suo intenso racconto, ha offerto alla riflessione dei presenti con obiettività, partecipazione umana e con il coraggio della denuncia “dell’assurdità delle politiche italiane ed europee, che non aiutano le persone”.

E lo ha dimostrato descrivendo nel dettaglio quanto accaduto, fin dai primi momenti, quel 26 febbraio, in cui “c’era un mare stranissimo, calmo al largo e con onde altissime verso la costa”, che ostacolavano tutti i tentativi di salvare la gente che annegava, dopo l’impatto del vecchio caicco strapieno di migranti con una secca, a poche decine di metri dalla costa; e il mare che restituiva alla pietà umana i corpi delle vittime e lo sguardo terrorizzato dei migranti salvati dai soccorritori (“non lo dimenticherò mai”), per un naufragio avvenuto nonostante l’avvistamento la sera prima di un aereo di Frontex e chiaramente per l’abbandono, nel pericolo, da parte delle autorità preposte, della vecchia imbarcazione finita in frantumi, su cui erano 150 o forse 200 persone. Quindi un’amara considerazione: “Perché non li facciamo venire con voli umanitari, con i corridoi umanitari… devono per forza mettersi in mare e rischiare la vita per poter sperare, perché è meno rischioso scappare di restare nel loro paese… non dobbiamo chiudere le frontiere, alzare i muri, ma aprire strade a quanti che hanno come noi il diritto di vivere”.

Dalla tragedia, che nelle bare scure e bianche dei bambini, schierate nel Palamilone, ha avuto la sua immagine, forse più drammatica, ha raccontato ancora Giuseppe Pipita al pubblico attentissimo e coinvolto, è iniziato a fiorire qualcosa: l’arrivo inaspettato e solitario del Presidente Mattarella, le scuole che manifestavano, le madri di Cutro che chiedevano perdono per quei piccoli venuti da lontano, le croci sulla spiaggia, la comunità crotonese e calabrese, che invocava giustizia e verità per 94 morti sconosciuti considerati fratelli, la solidarietà del mondo. E poi le tante iniziative, “come la Via Crucis all’alba, di espiazione”, anche dell’inutile sortita del Governo che aveva tenuto a Cutro una conferenza stampa all’indomani della partenza delle bare col loro carico di storie e sogni infranti di persone, che secondo l’infelice commento di un ministro, sono “responsabili” di quanto accade.

E invece la politica, l’Europa, ciascuno di noi deve sentirsi responsabile di quei morti, del terrore dei sopravvissuti; deve sentire il dovere di conoscere e riflettere, senza assuefarsi al ripetersi degli sbarchi e purtroppo delle tragedie, andare oltre i freddi numeri degli arrivi e di quelli che non ce la fanno, tenendo alta la guardia su chi ha potere decisionale nelle azioni di salvataggio e accoglienza delle vite umane.

L’emozione, il silenzio, la condivisione del messaggio, il lungo applauso risuonato nel Museo di Cariati, nella Giornata Mondiale del Rifugiato in cui si valorizzava, con Festival Sguardo e Mondi, la cultura di tanti amici africani che a Cariati sono stati accolti dopo aver attraversato il mare, hanno sugellato il racconto in immagini, con la carezza dell’autore a un piccolo nigeriano che aveva appena danzato (“come si può dire  – ha commentato – che questo bambino costituisce un pericolo per l’Italia…”); un bambino ora accolto e felice, a differenza, purtroppo, di quel suo coetaneo “che con le sue scarpette n. 26 voleva solo correre libero per il mondo”.

 

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